Il trust come strumento di protezione del patrimonio

Il trust è uno strumento eclettico grazie al quale è possibile realizzare una grande quantità di scopi, in ambito familiare e nell’ambito dell’impresa, dalla tutela di minori e incapaci alla trasmissione generazionale delle aziende, dalla protezione dei patrimoni personali alle operazioni finanziarie complesse. 

 

 


Il trust, strumento di protezione del patrimonio personale e familiare

Il trust è un istituto con cui un soggetto costituisce con uno o più beni un patrimonio separato, finalizzato ad uno scopo determinato o a più scopi.

 

L’istituto, molto utilizzato negli ordinamenti anglosassoni, è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 1992, anno in cui è entrata in vigore la legge  di ratifica [1] della Convenzione dell’Aja del 1985 sul riconoscimento e la legge applicabile ai trusts.

 

Oggetto di disciplina è solo il trust volontario e provato per iscritto, che ricorre quando un soggetto (settlor, tradotto con “costituente” o “disponente”) sottopone dei beni, con atto mortis causa o inter vivos, sotto il controllo di un altro soggetto (trustee), affinchè questi raggiunga uno scopo indicato dal disponente, mediante lo svolgimento di un’attività, giuridica o materiale, nell’interesse di uno o piu’ beneficiari [2] .

 

La Convenzione precisa che:

- i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un'altra persona per conto del trustee;

- i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee;

- il trustee ha il potere-dovere di amministrare o disporre dei beni secondo quanto previsto dall’atto costitutivo o dalla legge;

- non è incompatibile con l’esistenza del trust il fatto che il costituente si riservi alcune prerogative o che al trustee siano riconosciuti alcuni diritti come beneficiario [3] .

La legge straniera applicabile al trust

Il nostro ordinamento non prevede l’istituto del trust, pertanto la legge applicabile è necessariamente una legge straniera, che potrà essere :

- la legge scelta dal costituente; la scelta deve essere espressa o risultare dalle disposizioni dell’atto costitutivo del trust [4] . 

In mancanza di scelta (o se la legge scelta non prevede l’istituto del trust) si applica:

- la legge con la quale il trust ha piu’ stretti legami.

Per determinare la legge con la quale il trust ha piu’ stretti legami si deve tenere conto del luogo di amministrazione designato, della residenza o sede del trustee, della situazione del beni, dei luoghi dove dovranno essere realizzati gli scopi del trust [5].

 

La legge – come sopra specificata – regola la validità del trust, i suoi effetti e l’amministrazione.

In particolare, sono regolati dalla suddetta legge:

a) la nomina, le dimissioni e la revoca del trustee, la capacità particolare di esercitare le mansioni di trustee e la trasmissione delle funzioni di trustee;

d) i diritti e gli obblighi dei trustees tra di loro;

c) il diritto del trustee di delegare, in tutto o in parte, l'esecuzione dei suoi obblighi o l'esercizio dei suoi poteri;

d) i poteri del trustee di amministrare o disporre dei beni del trust, di darli in garanzia e di acquisire nuovi beni;

e) i poteri del trustee di effettuare investimenti;

f) le restrizioni relative alla durata del trust ed ai poteri di accantonare gli introiti del trust;

g) i rapporti tra il trustee ed i beneficiari, ivi compresa la responsabilità personale del trustee verso i beneficiari;

h) la modifica o la cessazione del trust;

i) la ripartizione dei beni del trust;

j) l'obbligo del trustee di render conto della sua gestione [6].

 

E’ consentito prevedere che alcuni aspetti del trust siano disciplinati in parte da una legge e in parte da quella di un altro paese [7].

 

La Convenzione prevede dunque che il trust costituito in conformità alla legge straniera dovrà essere riconosciuto nell’ordinamento interno. 

E pertanto, per effetto della suddetta norma della Convenzione, anche in un ordinamento che come il nostro non prevede il trust, quanto meno i beni del trust devono considerarsi separati dal patrimonio personale del trustee e a quest’ultimo deve essere riconosciuta la capacità di agire ed essere citato in giudizio, o di comparire in qualità di trustee davanti a un notaio o altra persona che rappresenti un'autorità pubblica.

Qualora la legge applicabile al trust lo richieda, o lo preveda, il riconoscimento del trust nel nostro ordinamento implicherà poi:

- che i creditori personali del trustee non possano sequestrare i beni del trust;

- che i beni del trust siano separati dal patrimonio del trustee in caso di insolvenza di quest'ultimo o di sua bancarotta;

- che i beni del trust non facciano parte del regime matrimoniale o della successione dei beni del trustee;

- che la rivendicazione dei beni del trust sia permessa qualora il trustee, in violazione degli obblighi derivanti dal trust, abbia confuso i beni del trust con i suoi;

- che gli obblighi di un terzo possessore dei beni del trust rimangono soggetti alla legge fissata dalle regole di conflitto del foro [8].

Quali beni possono essere conferiti in un trust

Oggetto del trust possono essere beni immobili, mobili registrati, crediti, mobili non registrati, partecipazioni, denaro, strumenti finanziari. 

E’ dunque ampia la quantità di beni che è possibile conferire in un trust.

Il trustee, chi e' e quali sono i suoi doveri

Trustee può essere una persona fisica o giuridica (ente o società commerciale).

Il primo trustee è nominato dal disponente; nel corso della vigenza del trust possono essere nominati, secondo le regole del trust, uno o più altri trustee, in aggiunta o in sostituzione di quelli precedentemente nominati.

 

Il trustee ha il dovere di amministrare i beni secondo quanto è stabilito dal settlor nel negozio istitutivo del trust a vantaggio dei beneficiari, cui spetta il diritto di esigere la prestazione: il trustee risponde del suo operato ai beneficiari, non al disponente.

I beneficiari del trust

Il disponente nomina i beneficiari del trust. 

Si distinguono fra essi coloro che beneficiano dei redditi del trust, beneficiari immediati, da coloro che otterranno la devoluzione dei beni quando il trust cesserà, beneficiari finali.

Il disponente può anche non individuare nominativamente i beneficiari, ma limitarsi a dettare regole per la loro individuazione (es. lo studente piu’ meritevole di quella scuola) e indicare i soggetti che dovranno effettuare la nomina (es. il trustee o il collegio dei docenti di quella scuola).

 

Non necessariamente il trust deve avere un beneficiario. Si possono avere trust cosiddetti di destinazione o di scopo, in cui i beni sono destinati a uno scopo ritenuto meritevole di tutela per l’ordinamento di quel paese (questo istituto è molto simile al nostro negozio di fondazione).

 

Il disponente di solito designa anche un protector o guardiano, con il compito di sorvegliare il comportamento del trustee e di autorizzarne gli atti più rilevanti, quali ad esempio la vendita e l’acquisto di beni.

La durata del trust

La durata del trust è determinata dal settlor nel rispetto della legge straniera scelta o applicabile.

In linea di massima il trust non può essere perpetuo o a tempo indeterminato (fatta eccezione per i trust di scopo, negli ordinamenti che li ammettono). Ad esempio nell’ordinamento inglese la durata massima è ottanta anni. 

 

Il trust è inoltre di regola irrevocabile da parte del settlor, se non è diversamente stabilito nell’atto costitutivo. Se l’atto costitutivo prevede la revocabilità ad nutum da parte del disponente, nel nostro ordinamento sorgono problemi di riconoscibilità o validità del trust, di cui si fa cenno nel prosieguo.

 

La proprietà dei beni conferiti nel trust viene trasferita al trustee (effetto traslativo), ma tali beni godono di un regime giuridico particolare: non hanno nulla a che fare con il regime coniugale del trustee, non entrano nel patrimonio ereditario in caso di sua morte, non sono aggredibili dai suoi creditori, non vanno a far parte del fallimento del trustee (possibile nel caso in cui quest’ultimo sia un imprenditore).

I beni del trust, dunque, costituiscono un patrimonio separato da quello del trustee: è il cosiddetto effetto segregativo del trust.

 

Il disponente, d’altra parte, perde la proprietà dei beni affidati al trustee e, di conseguenza, rende quei beni estranei alle pretese dei suoi creditori personali (a meno che costoro possano esercitare l’azione revocatoria [9] con riferimento all’atto di dotazione del trust).

Il trust interno

All’indomani dell’entrata in vigore della Convenzione, se era pacifica la riconoscibilità in Italia di trusts costituiti all’estero con beni siti all’estero, assai discussa era la riconoscibilità del “trust interno" e cioè il trust – regolato dalla legge straniera, come previsto dalla Convenzione – riguardante beni e soggetti con forti criteri di collegamento con l’Italia, che è un ordinamento giuridico che non prevede una disciplina dell’istituto. Si riteneva – in buona sostanza – non riconoscibile un trust istituito in Italia, con soggetti italiani, con beni siti in Italia.

A sostegno di tale tesi vi era, fra l’altro, il dato letterale dell’art. 13 della Convenzione, per il quale nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi importanti, ad eccezione della scelta della legge da applicare, del luogo di amministrazione e della residenza abituale del trustee, sono più strettamente connessi a Stati che non prevedono l'istituto del trust o la categoria del trust in questione.

 

Oggi la dottrina dominante propende per la riconoscibilità del trust interno e numerose sono le pronunce che hanno statuito la piena riconoscibilità e validità del trust interno [10], tanto che atti istitutivi di trust vengono frequentemente stipulati negli studi notarili.

 

D’altro lato, l’introduzione nel codice civile del nuovo articolo 2645-ter, che consente di "isolare" certi beni nell’ambito del patrimonio di un soggetto, per destinarli a fini ritenuti meritevoli di tutela, definitivamente riconosce l’ammissibilità dell’effetto segregativo che il trust produce nel patrimonio del trustee con riferimento ai beni del trust [11].

Il trust simulato o "sham trust"

Negli ordinamenti di common law è previsto che lo stesso settlor possa essere trustee: è il cosiddetto trust autodichiarato.

L’istituto del trust autodichiarato è stato oggetto di acceso dibattito dottrinale; in giurisprudenza negli anni scorsi vi sono state sentenze favorevoli al suo riconoscimento. 

Senza addentrarci nell’esame di tali posizioni dottrinarie e pronunce, possiamo solo rilevare che si tratta di un istituto che nel nostro ordinamento è a elevatissimo rischio di essere ritenuto simulato (sham trust) e quindi non riconoscibile o nullo [12].

 

E pertanto, il trust deve essere caratterizzato dal fatto che il trustee diventa effettivo proprietario dei beni conferiti nel trust e dal fatto che è il trustee a dover amministrare i beni, per attuare lo scopo indicato dal settlor.

Da ciò deriva che non si ha un trust se nell’atto costitutivo sono stabilite regole che consentono al settlor di revocare il trust a suo piacimento, oppure che conferiscono al disponente poteri di gestione dei beni tali da ridurre il trustee al ruolo di mero esecutore materiale o di prestanome.

L’atto istitutivo del trust, dunque, non deve contenere previsioni di revocabilità o indici dai quali si possa desumere che il trustee è in effetti un fiduciario: in tal caso il trust potrà ritenersi simulato (sham trust) e non riconoscibile nel nostro ordinamento; non sorgerà l’effetto segregativo ed i beni del trust saranno considerati come appartenenti al disponente.

 

Al fine del giudizio sulla validità del trust può senz’altro rilevare il fatto che il trustee abbia caratteristiche di soggetto professionale, dotato di indipendenza.

 

Se in alcuni casi non desta “sospetti” di simulazione il fatto che il trustee sia uno stretto familiare del disponente o dei beneficiari (ad esempio in un trust istituito in favore di un congiunto disabile), in molti casi la validità del trust è fortemente correlata all’indipendenza del trustee rispetto agli altri soggetti del trust.

 

Inoltre, occorre considerare che nel nostro ordinamento, a differenza di quanto accade nel mondo anglossassone (dove i rimedi sono rapidi e severi), la tutela in sede giudiziaria è lenta, per i noti problemi di inefficienza della giustizia che affliggono il nostro paese.

Infatti, in caso di alienazione di un bene in trust in violazione del programma destinatorio, negli ordinamenti di common law è possibile avvalersi di uno specifico strumento di tutela reipersecutorio, il tracing, che in difetto di analoghe previsioni non è replicabile nel nostro ordinamento, per cui nel nostro paese esistono diverse – e meno efficaci – soluzioni,  ipotizzate in dottrina e giurisprudenza, fra le quali la piu’ applicata è il risarcimento per equivalente (somma di denaro in luogo del bene alienato).

 

Pertanto, la scelta di un trustee professionale non solo conferisce “verità” al trust, ma ne rende anche piu’ sicura la gestione.

 

Dunque, la non indipendenza del trustee e l’invasività del disponente possono considerarsi “indici di sospetto” che è stato istituito non un trust, ma un semplice rapporto di mandato. Con la conseguenza che i beni del trust, seppur intestati al trustee, in effetti appartengono ancora al disponente, con tutte le conseguenze giuridiche che da ciò derivano. 

 

Come detto, il trust è uno strumento eclettico grazie al quale è possibile realizzare una grande quantità di scopi, sia in ambito familiare che in quello  dell’impresa.

L’istituto del trust, tuttavia, non può essere uno strumento per conseguire fini illeciti, quali la sottrazione della garanzia patrimoniale dei creditori, compreso il fisco, oppure per celare l’esistenza di beni ai familiari.

 

La causa del trust, intesa in senso tecnico come funzione economico-individuale del negozio giuridico, deve essere lecita e meritevole di tutela; in mancanza l’atto istitutivo dell’intera operazione giuridica è travolto da nullità o dal mancato riconoscimento all’interno dell’ordinamento italiano.

Le clausole del trust

Infine, pur in presenza di liceità della causa, le singole disposizioni del trust non devono violare norme di legge inderogabili del nostro ordinamento.

 

La Convenzione infatti, all’articolo 15, fa salva l’applicazione di dette norme inderogabili, facendo anche un’elencazione - non esaustiva - dei singoli aspetti del trust che non devono entrare in conflitto con i principi di ordine pubblico [13]. 

Pertanto, ad esempio, anche se per la legge straniera questo fosse possibile, i diritti attribuiti con il trust al beneficiario non possono ledere la quota legittima attribuita ad alcune categorie di successibili (innanzitutto coniuge e figli).

 

Il notaio rogante in Italia, dunque, deve aver cura di non inserire nell’atto istitutivo del trust clausole che possano entrare in contrasto con norme imperative del nostro ordinamento, qualunque sia la legge straniera scelta per la disciplina del trust.

Il regime di imposizione fiscale del trust

Quanto al regime fiscale del trust, occorre considerare la soggettività passiva del trust per le imposte dirette, con conseguente obbligo di determinazione del reddito imponibile e di presentazione della dichiarazione.

L’articolo 73 del Testo unico delle imposte sui redditi  [14] annovera il trust tra i soggetti passivi Ires, l’imposta sul reddito delle società.

 

Occorre poi determinare la natura del reddito prodotto dal trust: ad esempio, se il disponente ha conferito in trust degli immobili che vengono concessi in affitto, il reddito deve considerarsi di natura fondiaria, se nel trust confluiscono delle partecipazioni per le quali sono percepiti dei dividendi il reddito rientra tra quelli di capitale.

 

Una volta determinata la natura del reddito del trust, è necessario verificare il soggetto in capo al quale il reddito stesso deve essere tassato, ed in tale ambito l’Agenzia delle Entrate  [15] ha distinto due ipotesi:

 

1) trust trasparente: vi sono beneficiari individuati che hanno diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione del reddito; in questo caso la tassazione avviene per trasparenza in capo ai beneficiari stessi, indipendentemente dall’effettiva percezione del reddito stesso. Detti redditi vengono dunque tassati in capo al beneficiario “per competenza” e non “per cassa”, hanno natura di "redditi di capitale" [16] e quindi sono assoggettati a tassazione Irpef.

Peraltro, ove si tratti di redditi di natura finanziaria che abbiano scontato una tassazione a titolo d’imposta o di imposta sostitutiva in capo al trust, il reddito imputato al beneficiario non concorre alla formazione della sua base imponibile;

 

2) trust opaco: tutti i casi in cui non vi siano beneficiari individuati; in questi casi è lo stesso trust che assoggetta ad Ires il reddito prodotto, evidenziando che tale tassazione è definitiva ed assorbente anche per le future assegnazioni ai beneficiari.

 

Nella prassi dell’Agenzia delle Entrate [17] è stato individuato anche un trust misto, ossia un trust in cui è stabilito nell’atto istitutivo che il reddito del trust, al netto dei relativi costi, è mantenuto nel trust stesso ed utilizzato secondo gli specifici scopi da questo previsti, ma non potrà essere erogato più del 75% del reddito prodotto.

In tal caso, secondo l’Agenzia delle Entrate il reddito prodotto dal trust non può essere imputato per intero per trasparenza ai beneficiari, poiché la parte non distribuita (di valore almeno pari al 25%) deve essere tassata ai fini Ires direttamente in capo al trust stesso e la quota di reddito distribuita ai beneficiari, che non può superare il 75% del reddito complessivo, deve essere imputata per trasparenza ai beneficiari.

[1] Legge n. 364 del 16.10.1989

[2] Art. 2 Convenzione

 

[3] Art. 2 Convenzione

 

[4] Art. 6 Convenzione

 

[5] Art. 7 Convenzione

 

[6] Art. 8 Convenzione

 

[7] Art. 9 Convenzione

 

[8] Art. 11 Convenzione

 

[9] L’art. 2901 c.c. prevede che “il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni:

1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;

2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.

Agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali al credito garantito.

Non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto.

L'inefficacia dell'atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione."

 

[10] V. ex plurimis Cass. Sent. n. 10105 del 2014 con obiter dictum;  Cass. Sez. VI penale, Sentenza 18 dicembre 2004; Tribunale di Napoli, Sent. 22 luglio 2004 e Sent.16 giugno 2005; Tribunale di Parma, Sent. 3 marzo 2005, Tribunale di Milano, decreto 23 febbraio 2005

 

[11] Art. 2645-ter: "Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche.

Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo".

 

[12] V. Trib. Massa Sent. 12.4.2016: il giudice ha ritenuto la nullità di un trust autodichiato perché simulato e la violazione da parte del notaio rogante dell’art. 28, primo comma, della legge sull’ordinamento del notariato (legge n. 89 del 1913), disponendo la trasmissione degli atti al competente Consiglio Notarile; v. anche, conformi, Trib. Milano Sent. 27.5.2013 e Cass., Sez. 5^ penale, Sent. 30.3.2011 n. 13276

 

[13] L’art. 15 della Convenzione prevede: 

"La Convenzione non ostacolerà l'applicazione delle disposizioni di legge previste dalle regole di conflitto del foro, allorchè non si possa derogare a dette disposizioni mediante una manifestazione della volontà, in particolare nelle seguenti materie:

a) la protezione di minori e di incapaci;

b) gli effetti personali e patrimoniali del matrimonio;

c) i testamenti e la devoluzione dei beni successori, in particolare la legittima;

d) il trasferimento di proprietà e le garanzie reali;

e) la protezione di creditori in casi di insolvibilità;

f) la protezione, per altri motivi, dei terzi che agiscono in buona fede.

Qualora le disposizioni del precedente paragrafo siano di ostacolo al riconoscimento del trust, il giudice cercherà di realizzare gli obiettivi del trust con altri mezzi giuridici".

 

[14] L’art.  73 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) prevede: 

 "Sono soggetti all'imposta sul reddito delle società: … 

b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali; 

c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché… 

d) le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato…

2° comma. …Tra le società e gli enti di cui alla lettera d) del comma 1 sono comprese anche le società e le associazioni indicate nell'articolo 5. Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell'atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali".

 

[15] Circolare 48/E del 6 agosto 2007, che contiene la seguente definizione: "soggetto che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza".

 

[16] Ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lett. g-sexies), Tuir

 

[17] Risoluzione AdE n. 81/E/2008